Virtuale è reale? Cosa cambia nei comportamenti e nelle relazioni online e offline

I dati parlano chiaro: viviamo in una società iper-connessa.
Se non ne siete molto convinti, vediamo insieme qualche dato: su poco meno di 8 miliardi di persone al mondo, più di 4 miliardi hanno un accesso a internet e più di 3 miliardi usano regolarmente i social network. Più di 5 miliardi di utenze accedono a internet da dispositivo mobile (smartphone o tablet) e più della metà di queste (circa 3 miliardi) usano i social dal proprio dispositivo mobile.
In Italia, più del 73% della popolazione totale accede a internet e la stragrande maggioranza (83%) lo fa da dispositivi mobili. Il 57% della popolazione ha almeno un account social e circa la metà accede da smartphone o tablet. Il tempo che noi italiani spendiamo online ogni giorno è in media di 6 ore, di cui circa 2 sulle piattaforme social.
Dopo aver considerato questi numeri, forse è più chiaro l'impatto che la cosiddetta realtà virtuale ha sulla nostra vita quotidiana. Ecco perché possiamo affermare che noi non "andiamo" su internet, ma viviamo costantemente connessi.
Perché chi, come noi, si occupa di counselling, mediazione familiare, benessere e crescita personale, dovrebbe interessarsi di quanto siamo connessi? La risposta è semplice: i nostri comportamenti si stanno modificando nel tempo, anche a causa dei nuovi strumenti tecnologici e della possibilità che ci danno di intessere e mantenere le relazioni.

Cosa succede ai nostri comportamenti...

Più ci interfacciamo con la rete e i social network, più vengono avviati studi su come questi incidano sui nostri comportamenti, fin dal livello cognitivo e comportamentale.
Un aspetto molto interessante evidenziato da vari studi, è quello che riguarda l'egocentrismo e la perdita di limiti del nostro ego: sui social network tendiamo tutti a "metterci al centro del mondo". Ne deriva che, seppur nati per condividere e comunicare, sui social network rischia di non esserci una vera condivisione, ma piuttosto una spettacolarizzazione della nostra vita alla ricerca dell'approvazione altrui. Siamo disposti a essere meno noi stessi per favorire un'immagine filtrata di noi stessi, che soddisfi le aspettative degli altri?

Il potere di influenzare gli altri

Vale la pena di soffermarsi anche su quanto i nostri contatti siano in grado di influenzare il nostro comportamento e modo di pensare su un argomento. Anni fa scoppiò una polemica a causa di una sorta di esperimento condotto da Facebook nel 2012 sui propri utenti, senza che essi ne fossero coscienti. Preso un gruppo di circa 700.000 persone, la più grande piattaforma social del mondo li divise in due gruppi a cui sottoporre argomenti diversi. A un gruppo faceva comparire contenuti più positivi, all'altro contenuti più negativi e rabbiosi. Il risultato fu poi pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science, e rivelava come le persone dei due gruppi fossero state influenzate a livello emozionale dai contenuti che erano stati loro sottoposti.
Questi e altri risultati degli studi tuttora in corso, ci dimostrano che il nostro modo di comportarci con gli altri sta cambiando. Il modo in cui ci relazioniamo con le persone sta, inevitabilmente, prendendo un nuovo corso.

… e alle nostre relazioni?

Ciò che abbiamo detto finora non ha l'intento di demonizzare internet o social network, ci teniamo a precisarlo. La rete globale è uno strumento e, in quanto tale, la responsabilità di come lo usiamo è nostra. Non sono internet o i social a essere "brutti, sporchi e cattivi", piuttosto lo possono essere le intenzioni con le quali vengono adoperati. E le intenzioni sono umane, non di uno strumento. Essere consapevoli di quanto possano influire sul modo in cui coltiviamo le nostre relazioni, è utile per migliorare il nostro rapporto con le tecnologie e anche i nostri rapporti interpersonali.
Per esempio, nel lavoro sono strumenti utilissimi: velocizzano le ricerche e le operazioni, ci permettono di informarci su dati e analisi, di crearci una rete di contatti lavorativi sempre a disposizione, ma attenzione: questi contatti sono davvero utili e validi se sappiamo anche coltivarli di persona. Questo vale ancor di più se parliamo di relazioni affettive, come amicizia o amore.
Possiamo dire che le applicazioni social o di messaggistica sono un plus, cioè ci danno la possibilità di entrare più facilmente in contatto con le persone lontane o che non possiamo vedere spesso per tante ragioni. Pensiamo a chi ha i genitori lontani, o un figlio che studia all'università in un'altra parte del Paese o del mondo. O a una coppia che si ritrova a stare lontana per un periodo, magari per motivi lavorativi o di salute.
Se vogliamo soffermarci sull'aspetto meno positivo, pensiamo che scriverci dei messaggi è un tipo di comunicazione intermediata. Partiamo dal presupposto che il nostro cervello si è evoluto per gestire relazioni e interazioni reali, perciò siamo più inclini alle relazioni vis-à-vis con le persone. Le relazioni di persona stimolano diverse aree che ci mettono in grado di provare empatia, di capire gli altri osservando il loro non-verbale e di gestire le emozioni. Tutto questo non avviene, o avviene in modo molto più limitato, se interagiamo con gli altri online. Per questo gli studi parlano di un indebolimento di queste aree e, di conseguenza, di una minore intensità dei rapporti umani. Diventa più difficile capirci, interpretare con esattezza delle parole o espressioni, manca il contatto visivo che ci permette di leggere negli occhi degli altri un'emozione o uno stato d'animo.

 

I livelli delle relazioni

La diatriba su quanto virtuale sia reale è più che mai aperta. Molti sono gli esperti che negli anni si stanno impegnando a creare un ambiente online positivo, utile e che sia davvero un luogo dove coltivare relazioni. In Italia abbiamo un esempio quando leggiamo il decalogo della comunicazione non ostile, in cui il primo punto è molto chiaro: virtuale è reale.
In questo caso prendiamo in considerazione una comunicazione verso persone che non fanno parte della nostra strettissima cerchia, quella che facciamo tramite i nostri account social, sia in pubblico che in privato, ma anche quella che fanno i giornali, i rappresentati politici, i grandi e piccoli marchi. Virtuale è reale significa, in questo caso, che il comportamento che teniamo sui social e sulla rete è di nostra responsabilità, proprio come fossimo al lavoro, a scuola, per strada, con estranei, ecc. L'intento è quello di far comprendere a tutti noi che lanciare degli insulti o delle calunnie, ad esempio, via social è un fenomeno sempre più diffuso (e qui forse vale la pena di ricordarsi del famoso esperimento di Facebook sull’influenza negativa e positiva) e va condannato, esattamente come si dovrebbe fare nella vita non intermediata dalle piattaforme online.
Diverso è quando parliamo di intessere delle relazioni personali con amici, familiari, partner: in questi casi il virtuale è qualcosa in più che ci mette in comunicazione, ma che non può sopperire al coltivare le relazioni di persona. Una cena insieme, una chiacchierata di fronte a un bicchiere di vino, una passeggiata o un'escursione insieme a chi amiamo, resta il vero modo di coltivare i rapporti nella loro pienezza. Guardare negli occhi gli altri, sentirne il profumo, il tono di voce, coglierne le espressioni, sono ancora lontani da poter essere trasmessi attraverso la rete. Per quanto ci sforziamo, non riusciremo mai a farlo come quando ci stringiamo una mano, ci diamo un bacio o un abbraccio, o ci salutiamo con un sorriso. Diamo la giusta dimensione alla nostra comunicazione e ai mezzi che utilizziamo per veicolarla. La comunicazione è relazione e perché sia completa ci occorre farne esperienza in tutte le sfaccettature: verbale, non-verbale, paraverbale e sensoriale.

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